Studiare evoca una codifica teta nel nostro ippocampo

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVIII – 13 marzo 2021.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Le straordinarie acquisizioni degli ultimi decenni nella conoscenza dei meccanismi molecolari e cellulari della memoria e dell’apprendimento, oltre a costituire un progresso per tutta la biologia[1], rappresentano una base irrinunciabile per la ricerca neuroscientifica. Il loro valore consiste soprattutto nell’universalità dei processi che, quando non sono del tutto identici da una specie all’altra, conservano un profilo di forte analogia, come si può verificare leggendo la copiosa documentazione sperimentale in materia.

Tuttavia, queste nozioni che illuminano sulle basi biologiche dei vari tipi di memoria implicita umana, non sono di aiuto quando cerchiamo di dare risposte agli affascinanti interrogativi che ci pone l’apprendimento volontario e deliberato[2], legato alla formazione della memoria semantica, come quello dello studio scolastico, universitario o adoperato dai professionisti della recitazione per imparare una parte a memoria. Ad esempio, un quesito ancora insoluto è quale sia la differenza fra l’apprendimento di un testo che vogliamo imparare e l’apprendimento non intenzionale di contenuti che abbiamo letto distrattamente e ci capita di ricordare.

Sappiamo per esperienza e prove sperimentali che nel primo caso, ossia quando c’è volontà deliberata, si impara e si ricorda di più, ma non sappiamo questa differenza a cosa realmente corrisponda nel cervello. Fin da bambini abbiamo imparato per pratica che se si è attenti e concentrati su quello che si studia si apprende di più e meglio, ma non ancora si conosce in termini neurofisiologici a cosa corrispondano intenzione cosciente e vigile attenzione; si suppone solo il reclutamento di un maggior numero di unità neuroniche, sinaptiche e gliali.

Il problema è stato affrontato da Daniel Pacheco Estefan e colleghi in uno studio accettato per PNAS USA da Michael S. Gazzaniga, il celebre scienziato cognitivo allievo di Roger Sperry che fu pioniere nello studio dei pazienti con cervello diviso. L’analisi elettrofisiologica ha consentito ai ricercatori di individuare un processo a più livelli specifico dell’apprendimento attivo umano.

(Zhu X., et al. Volitional learning promotes theta phase coding in the human hippocampus. Proceedings of the National Academy of Sciences USA 118 (10) e2021238118 Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.2021238118, Feb 16, 2021).

La provenienza degli autori è la seguente: Laboratory of Synthetic Perceptive, Emotive and Cognitive Systems, Institute for Bioengineering of Catalonia, Barcelona Institute of Science and Technology, Barcelona (Spagna); Department of Neuropsychology, Institute of Cognitive Neuroscience, Faculty of Psychology, Ruhr University Bochum, Bochum (Germania); Epilepsy Monitoring Unit, Department of Neurology, Hospital del Mar, Barcelona (Spagna); Faculty of Health and Life Sciences, University Pompeu Fabra, Barcelona (Spagna).

Per orientarsi, al fine di trovare la rete o il sistema neuronico del cervello umano su cui focalizzare l’attenzione, i ricercatori hanno preso le mosse da evidenze emerse dagli studi sui roditori. In particolare, la ricerca sulla locomozione orientata nello spazio (spatial navigation research) ha evidenziato nell’attività intenzionale un’importanza elettiva delle oscillazioni teta dei neuroni dell’ippocampo. L’ipotesi di ricerca è stata che questa attività dei neuroni ippocampali costituisca un correlato dell’intenzionalità e, pertanto, potrebbe essere anche all’origine della volizione cosciente umana nell’apprendimento. I due scopi principali del protocollo di studio nell’uomo sono stati dunque la verifica della rilevanza del ruolo dei neuroni ippocampali e, in caso di conferma, la ricerca di una connessione positiva per l’apprendimento sostenuto dalla volizione del soggetto. E, infatti, come vedremo più avanti, i correlati elettrofunzionali consentono di dimostrare che l’attività teta aumenta durante l’apprendimento volontario, promuovendo una segregazione dei segnali rappresentazionali rilevanti per lo specifico compito e specifici per il contenuto semantico.

Ma, consideriamo in dettaglio le caratteristiche dello studio.

Gli studi elettrofisiologici nei roditori mostrano che la “navigazione attiva” cioè la perlustrazione intenzionale o la percorrenza finalizzata nell’ambiente accresce nell’ippocampo le oscillazioni nella banda teta, ossia di 4-12 Hz, che forniscono la cornice temporale per i codici neurali associati allo stimolo. Daniel Pacheco Estefan e colleghi hanno dimostrato che nei volontari umani l’apprendimento cosciente attivo promuove un simile regime di fase per la codificazione, sebbene questo avvenga in un intervallo di frequenza più basso: 3-8 Hz.

Gli autori dello studio hanno analizzato i rilievi di elettroencefalografia intracranica (iEEG) ottenuti da un campione di pazienti affetti da epilessia, i quali hanno svolto dei compiti sperimentali nel corso dei quali dovevano studiare delle immagini in due tipi di prove: 1) in condizione di apprendimento attivo intenzionale; 2) in condizione di apprendimento passivo.

1) Apprendimento attivo intenzionale: questa condizione determinava un significativo aumento delle prestazioni di memoria e delle oscillazioni teta nell’ippocampo; promuoveva una più accurata riattivazione dell’informazione specifica per lo stimolo durante la rievocazione mnemonica. I segnali rappresentazionali erano raccolti alle fasi opposte del ciclo teta durante la codificazione e la rievocazione. Specificamente durante l’apprendimento attivo, la struttura temporale delle riattivazioni intra-ciclo teta rifletteva la similarità semantica degli stimoli, segregando concettualmente gli elementi simili in fasi teta più distanti.

2) Apprendimento passivo: a differenza delle prove di apprendimento cosciente e deliberato, la struttura temporale delle riattivazioni intra-ciclo teta non era in rapporto con la somiglianza di significato fra gli stimoli.

Presi insieme questi risultati indicano l’esistenza di un meccanismo multilivello, mediante il quale l’apprendimento attivo migliora la memoria grazie ad uno schema di condizionamento di fase filogeneticamente molto antico.

 

 L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura degli scritti di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna

BM&L-13 marzo 2021

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Si pensi ai paradigmi molecolari conservati inalterati dagli invertebrati all’uomo, la cui scoperta è valsa il Premio Nobel ad Eric Kandel nel 2000, o al ruolo dei prioni nella memoria, oppure alla codifica elettrica dell’informazione da conservare.

[2] La memoria cosciente direttamente accessibile al nostro pensiero simbolico, e perciò detta dichiarativa o esplicita, è di due tipi principali: memoria episodica (memoria autobiografica di quanto ci accade) e memoria semantica (memoria di dati, nomi, concetti, nozioni dello studio scolastico). La memoria implicita o non-dichiarativa non si forma come processo cosciente e può entrare indirettamente nella coscienza o essere guidata indirettamente dalla coscienza, senza appartenerle; se ne descrivono numerosi tipi: memoria procedurale (es. le procedure psicomotorie per scrivere al computer, per suonare uno strumento, per la tecnica sportiva, ecc.), abitudine, sensibilizzazione, ecc.